Poesia dedicata al Tarsio, un piccolo animale che si salva perchè “inutile”
Io, tarsio, figlio di tarsio,
nipote e pronipote di tarsio,
piccola bestiola, fatta di due pupille
e d’un resto di stretta necessita’;
scampato per miracolo ad altre trasformazioni,
perche’ come leccornia non valgo niente,
per i colli di pelliccia ce n’e’ di piu’ grandi,
le mie ghiandole non portano fortuna,
i concerti si tengono senza le mie budella;
io, tarsio,
siedo vivo sul dito d’un uomo.
Bunogiorno, mio signore,
che cosa mi darai
per non dovermi togliere nulla?
Per la tua magnanimita’ con che mi premierai?
Che prezzo darai a me, che non ho prezzo,
per le pose che assumo per farti sorridere?
Il mio signore e’ buono –
il mio signore e’ benigno –
chi ne darebbe testimonianza, se non vi fossero
animali immeritevoli di morte?
Voi stessi, forse?
Ma cio’ che gia’ di voi sapete
bastera’ per una notte insonne da stella a stella.E solo noi, pochi, non spogliati della pelliccia,
non staccati dalle ossa, non privati delle piume,
rispettati in aculei, scaglie, corna, zanne,
e in ogni altra cosa che ci venga
dall’ingegnosa proteina,
siamo – mio signore – il tuo sogno
che ti assolve per un breve istante.Io, tarsio, padre e nonno di tarsio,
piccola bestiola, quasi meta’ di qualcosa,
il che comunque e’ un insieme non peggiore di altri;
cosi’ lieve che i rametti si sollevano sotto di me
e da tempo avrebbero potuto portarmi in cielo,
se non dovessi ancora e ancora
cadere come una pietra dai cuori
ah, inteneriti;
io, tarsio,
so bene quanto occorra essere un tarsio.Crediti: Tiziana Attili
Nel Blog
Ciao Tiziana,
volevo informarti che, dato che m’e’ piaciuta, ho condiviso la tua poesia sulla mia bacheca di facebook.
Eccoti il link
http://www.facebook.com/notes.php?id=607637660